SANGUE OCCULTO NELLE FECI E CALPROTECTINA FECALE
L’esame del sangue occulto fecale consiste nel ricercare, in un campione di feci, con metodiche di laboratorio, tracce di sangue, non visibili ad occhio nudo. Queste tracce possono essere dovute al sanguinamento di un polipo.
Statisticamente, su cento persone, cinque risultano positive, ma non è detto che tutte abbiano polipi o il cancro: la positività può essere dovuta alle emorroidi o a piccole lesioni mucosali, come le ragadi. Viceversa, può accadere che un polipo o un cancro siano presenti, ma non sanguinino al momento dell’esame. Per questo è importante ripetere lo screening periodicamente.
La preparazione all’esame è diversa, a seconda della tecnica diagnostica utilizzata: test al guaiaco o esame immunochimico.
La tecnica al guaiaco utilizza la tintura, ricavata dalla resina di questo tipo legno. Il guaiaco, trattato con idrogeno-perossidasi, sviluppa un colore specifico in presenza dell’Eme, che è la porzione emoglobinica, contenuta nei globuli rossi. In alcune patologie, come il sanguinamento gastrico o dell’intestino prossimale, il metodo al guaiaco è più sensibile, rispetto al test immunochimico, perché la globina è distrutta, durante il transito intestinale, in misura maggiore di quanto non lo sia l’eme. Vi sono svariati kit di test gFOBT (Fecal Occult Blood Test al guaiaco), classificabili come a bassa o ad alta sensibilità. Solo i test ad alta sensibilità sono utilizzati per lo screening del cancro del colon. È importante, per i motivi appena detti, una buona preparazione dietetica all’esame.
Nei giorni precedenti, il Paziente deve seguire una dieta specifica, che non contenga carni rosse, salumi, nutrienti con vitamina C, alcolici e medicinali antinfiammatori. Deve spazzolare i denti con delicatezza, per evitare emorragie gengivali, e seguire un’alimentazione il più possibile ricca di fibra alimentare.
Il test immunochimico fecale (FIT), o Sangue occulto nelle feci con metodo immunologico, utilizza anticorpi specifici anti-globina umana ed è superiore al test al guaiaco, per sensibilità e specificità, per lo screening del cancro del colon-retto. Il test al guaiaco ha un ruolo nella diagnostica di condizioni patologiche, nelle quali la perdita ematica deriva dal tratto gastroenterico superiore, perché la frazione eme è meno sottoposta ad alterazioni enzimatiche, rispetto alla globina, nel tragitto lungo il canale digerente.
Il test al guaiaco può diagnosticare una perdita giornaliera di sangue di circa 10 ml. La sensibilità di un singolo test al guaiaco (gFOBT) varia
dal 10 al 30%, ma, eseguendo il prelievo di un campione per tre giorni consecutivi, la sensibilità sale al 92%. Il test immunochimico su feci (FIT), invece, coglie ogni minimo sanguinamento, anche di soli 0,3 ml. Il test però non rileva sangue occulto proveniente dallo stomaco e dall’intestino prossimale, e risulta molto più specifico per il sanguinamento dal colon o dal tratto intestinale inferiore.
Le tecniche di analisi, che utilizzano il metodo immunologico, cioè anticorpi per l’emoglobina umana, hanno una maggiore capacità diagnostica, perché individuano proprio il sangue, eventualmente presente, del Paziente in esame. Inoltre, è possibile raccogliere un unico campione di feci, invece di tre, e non sono necessari alcuni accorgimenti, quali evitare di lavarsi i denti per tre giorni e non assumere alcuni alimenti, come carne, spinaci e altro.
L’esame del DNA fecale è un’altra indagine, recente, costosa, che riesce a documentare alterazioni genetiche di cellule tumorali, eventualmente presenti nelle feci. La sensibilità di questo test del DNA è elevata e superiore al test immunochimico per la ricerca del sangue occulto. Questo vale sia per quanto riguarda il cancro, che per gli adenomi avanzati, superiori al centimetro, che per lesioni con displasia di alto grado e polipi serrati sessili, sempre superiori al centimetro. La specificità però è bassa ed è a favore del FIT, in quanto il test al DNA presenta un elevato numero di falsi positivi. Questo test sarà in commercio in Italia dal 2016, ma rimangono dubbi sulla fattibilità, anche per problemi di costo. Un’Azienda statunitense di diagnostica molecolare produrrà questo tipo di test, basato sulla tecnologia del Dna fecale, combinato alla tecnologia immunochimica dei marcatori di emoglobina, per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
Sono in commercio kit di autolettura del sangue occulto fecale, con metodo immunochimico. Il test si esegue rapidamente, prelevando un frammento fecale, che va messo nella provetta, a contatto con il reagente. Esso dà il risultato in 5 minuti. I limiti di questo test sono i falsi positivi e i falsi negativi, dovuti al sanguinamento intermittente o al fatto che il sangue è distribuito in modo non omogeneo nelle feci. Per una maggiore attendibilità è consigliabile ripetere il test 2 o 3 volte, a giorni alterni, e comunque più volte durante l’anno.
Gli esami al guaiaco ed il test immunochimico servono a diagnosticare un sanguinamento occulto, cioè un sanguinamento che c’è, ma non si vede. Il sanguinamento oscuro è invece quel sanguinamento, palese od occulto, del quale non si conosce l’origine.
Il test del sangue occulto nelle feci (Fecal Occult Blood Test – FOBT) viene eseguito per la ricerca del sangue che non è visibile ad occhio nudo.
Il cancro del colon-retto è il tumore più diffuso in Italia. Esso è il secondo più comune nelle donne e il terzo negli uomini. Ha origine, quasi sempre, dai polipi, che sono quelle escrescenze mucose, che si formano nel tubo digerente, e nel colon nella fattispecie, per il proliferare di cellule intestinali, e che impiegano tra i 6 e i 14 anni per trasformarsi in cancro.
Lo screening periodico è una forma di prevenzione secondaria, messa in atto anche dalle Strutture Sanitarie Regionali, che consente una diagnosi precoce, così da poter eliminare i polipi, prima che diventino maligni, tramite la polipectomia.
Siccome i polipi tendono a sanguinare e sporgono sulla superficie mucosa, i test di screening possibili sono la ricerca del sangue occulto nelle feci e la rettosigmoidocolonscopia.
La colonscopia, secondo le normative regionali, è consigliata in una seconda fase, se la ricerca del sangue occulto nelle feci ha dato esito positivo.
La TC-Colografia, anche detta Colonscopia Virtuale, non ha dato prove di essere superiore ai test attualmente in uso per i programmi di screening. Questa metodica è gravata da falsi positivi e falsi negativi, e non riesce a diagnosticare con certezza polipi o tumori inferiori ai 6 millimetri. Bisogna tener presente, come ho detto, che la negatività del sangue occulto, non esclude del tutto la presenza di polipi o tumori nel colon.
La ricerca del sangue occulto fecale è consigliabile a partire dai 40 o 50 anni di età, a seconda della valutazione clinica del Medico e della familiarità per patologie oncologiche. Questo test è utilizzato come metodica d’indagine anche per il controllo di altre patologie, come le malattie infiammatorie intestinali e la malattia diverticolare del colon. Successivamente al test per il sangue occulto, sarà opportuna la colonscopia, che consente, contestualmente, la terapia con la polipectomia endoscopica.
Come accennavo, altre patologie possono determinare un sanguinamento occulto. Si tratta spesso di una perdita ematica minima e saltuaria e la ricerca di sangue nelle feci deve essere fatta con il test al guaiaco, se si vogliono indagare anche patologie del tratto gastroenterico superiore. Il test con l’anticorpo anti-globulina umana, quello immunochimico, non può essere eseguito, perché non diagnostica un sanguinamento “alto”. Il test al guaiaco però è aspecifico e gravato da molti falsi positivi.
Anche per la metodica immunochimica è importante che il paziente rispetti alcune accortezze nella raccolta del campione fecale:
- usare il recipiente sterile appropriato, munito di spatola interna;
- defecare in un vaso da notte, senza mischiare le feci con le urine o con l’acqua del vater;
- raccogliere il materiale con la spatolina in tre punti diversi, riempiendo metà del recipiente;
- scrivere il nome sull’etichetta della provetta;
- portare il contenitore in laboratorio entro poche ore o conservarlo in frigorifero;
- non eseguire il test in caso di mestruazioni, di emorroidi sanguinanti o di ematuria;
- nel caso del test immunologico, la dieta sarà meno importante.
Un referto di positività del sangue occulto fecale induce a ricerche più approfondite e mirate come la colonscopia o la TC-Colografia. Dicevo come la colonscopia sia preferibile, perché più sensibile e specifica e perché rende possibile l’immediato provvedimento terapeutico di polipectomia endoscopica.
Secondo un importante studio epidemiologico la ricerca di sangue occulto nelle feci ha mostrato una riduzione della mortalità pari al 33%, quando il test viene effettuato ogni anno, e del 21% quando il test viene effettuato ogni due anni.
Calprotectina nelle feci
La calprotectina è una proteina, che lega il calcio e lo zinco, e si trova nel citoplasma dei granulociti neutrofili. È presente, in concentrazioni inferiori, in altre cellule dell’infiammazione, i monociti e i macrofagi, che difendono il nostro organismo, fagocitando corpi estranei e microrganismi. Queste cellule secernono mediatori chimici dell’infiammazione. La calprotectina ha un’elevata attività batteriostatica e micostatica.
La calprotectina nelle feci aumenta in caso d’infiammazione e, nelle malattie flogistiche intestinali, la sua concentrazione si eleva nettamente rispetto alla norma. Questi livelli elevati hanno un significato predittivo migliore rispetto ad altri markers ematici dell’infiammazione, come PCR e VES, perché la calprotectina evidenzia stati infiammatori iniziali, insufficienti a modificare i valori ematici.
Nelle feci, la calprotectina è stabile fino a sette giorni a temperatura ambiente e per mesi, se il materiale viene congelato a -20°C. Inoltre il valore elevato di calprotectina fecale è specifico, perché indipendente da eventuali infiammazioni presenti in altri distretti dell’organismo, che innalzano invece Ves e Pcr. Nella ricerca di processi flogistici intestinali, la calprotectina fecale si è dimostrata più affidabile della conta dei leucociti o del dosaggio di lattoferrina.
Il dosaggio di calprotectina nelle feci serve a distinguere tra malattie infiammatorie del tubo digerente, come il morbo di Crohn, la colite ulcerosa o coliti aspecifiche, da patologie su base funzionale, come la sindrome dell’intestino irritabile.
I valori di riferimento possono variare un poco da un laboratorio all’altro, ma per l’adulto sono compresi nei seguenti limiti: Negativo < 50 mg/Kg Debolmente positivo > 50 – 100 mg/Kg Positivo > 100 mg/Kg
Per eseguire il test non è richiesto il digiuno. È consigliabile non eseguire il dosaggio della calprotectina nelle feci durante il periodo mestruale e in caso di malattia infettiva in corso. Prima dell’esame, è consigliabile sospendere la terapia con farmaci anti-infiammatori e inibitori di pompa protonica.
Valori elevati di calprotectina nelle feci si riscontrano soprattutto nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino (rettocolite ulcerosa, Morbo di Crohn) e nei tumori del tratto gastroenterico. La calprotectina fecale non è aumentata nei pazienti con patologie funzionali, come la sindrome dell’intestino irritabile. Può aumentare in corso di malattie infiammatorie, acute o croniche, del tratto digerente, come malattie peptiche, esofagiti, diverticoliti ed enterocoliti infettive.
Il dosaggio di calprotectina nelle feci è un buon marcatore di recidiva nei soggetti affetti da malattie infiammatorie intestinali, perché essa aumenta nelle fasi clinicamente attive della malattia. Valori elevati di calprotectina fecale possono indurre il medico a prescrivere ulteriori indagini diagnostiche, come la colonscopia e la colon-ileoscopia con esame istologico o l’ecografia dell’addome.
Livelli elevati di calprotectina fecale sono rilevati anche in pazienti affetti da neoplasie coliche, gastriche ed esofagee. Un aumento dei valori può essere osservato nelle patologie con un processo infiammatorio acuto o cronico dell’apparato gastroenterico, come nelle enterocoliti infettive o tossiche, nelle patologie ulcerose, nelle esofagiti, mentre, in altre condizioni, come polipi intestinali e neoplasie in fase iniziale, i valoro possono risultare ingannevolmente normali.
Il fatto che le concentrazioni fecali di calprotectina risultino aumentate nelle neoplasie del tratto gastro-intestinale, in particolare nel cancro colo-rettale, giustifica la maggior affidabilità della calprotectina fecale come test di screening, rispetto al solo sangue occulto nelle feci.
I valori bassi di calprotectina indicano la non probabilità che esistano patologie organiche intestinali e che i disturbi, lamentati dal Paziente, siano riconducibili alla sindrome dell’intestino irritabile o ad altre patologie funzionali o d’intolleranza alimentare.